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XCII

AL SIGNOR ERCOLE DUCA DI FERRARA

Delusione dei veneziani per la mancata venuta del duca. Se, cosi come i signori sono di cervello simili al vento, il vento fusse simile a loro di figura, io, signore, gli insegnerei a crocifiggere le genti che vi spettano con quel cor saltellante che bramano i cardinali il tirar de le calze dei papi. Che crudeltá era domenica a vedere per tutti i balconi del Canal grande angele e arcangele consumarsi per la venuta de la Vostra Eccellenza ! E che compassione è a contemplar me d’alora in qua con tutto il popolo d’Israelle a tavola! Doveva pur bastare a la mia sorte l’avermi tenuto un anno e mezzo apiccato a la speranza del venir di Quella, senza cotal giunta. Io mi trapassai lo sconquasso, nel qual mi pose il comparir che qui fece la reina e duchessa sua consorte; ma non posso far cosi a la vostra entrata, perché le turbe, in cosi fatto disagio, chiamano vendetta contra il «verrá» e il «non verrá», che vi fa parere uno di quegli «eccogli! eccogli!», che mille volte il di gridano gli scioperati, che stanno a veder correre il palio. Ma sopra ogni altra cosa sono in collera le legioni dei puttanini, che han messo sottosopra le sinagoghe nonché i giudei nel raffazzonarsi, onde l’usure gli lasceranno le piaghe ne le borse, che gli lascia quello amico ne le carni. Ma, se Eolo mariuolo, che ne è cagione, non avesse la discrezion pretesca, penserebbe ad acquetarsi, lasciandovi arrivare in questo paradiso; dove non vedrete darvi di quelle occhiate, con la cui avara ingordigia Roma vi mangiò vivo vivo, ma guardarvi con le luci de la bontade e porvi in seggio onorato con il consenso de la riverenza. E vedrete non il buccentoro, ma un teatro, al quale fanno cerchio, a guisa d’alte e salde colonne, i giustissimi Bruti e Catoni, e, mentre vagheggiano la serenitá del lor principe, che, locato nel mezzo, pare l’architetto del senno, con l’alterezza del sembiante danno legge e