Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/139

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CVIU A MESSER Gl ANN ANTONIO DA FOLIGNO Autoapologia. Saria pur troppo gran felicitá la mia, vertuoso uomo, se ciascun clic dubita de l’oro de la vertú, che io ho da Dio, ne facesse la prova; ch’io son certo che tutti usarebbeno l’ufficio che avete usato voi con la lettra che vi è piaciuto mandarmi. Onde io benedico la cagione per cui giá sdegnaste leggere i miei scritti, poiché, per colai mezzo, acquisto un cosi fatto amico. Certamente le mie composizioni meritano di non esser lette per la bassezza del poco spirito loro, e non per contener malignitá niuna. E del vulgo, che l’ha incolpate, mi rido, perché è suo costume il biasimare le cose laudabili, lodando le vituperose, e anco è sua natura il cercar di far romore per ogni via. Ecco: io tocco alcuno dei grandi, e, toccandogli, questo e quel cortigianuzzo soffia e, con le sue còlare stentate, mi battezza a suo modo, credendosi rubar favori. Alcun altro il fa per parer d’esserci, e non perché in lui sia né giudizio né bontá; onde gli infiniti seguaci de la ignoranza calcano sinistramente gli onori altrui. Io ho scritto ciò che ho scritto per grado de la vertú, la cui gloria era occupata da le tenebre de l’avarizia dei signori. E, inanzi ch’io cominciassi a lacerargli il nome, i vertuosi mendicavano l’oneste commoditá de la vita, e, se alcun pur si riparava da le molestie de la necessitá, otteneva ciò come buffone e non come persona di merito: onde la mia penna, armata dei suoi terrori, ha fatto si, che essi, riconoscendosi, hanno raccolti i belli intelletti con isforzata cortesia, la quale odiano piú che i disagi. Adunque i buoni debbono avermi caro, perché io con il sangue militai sempre per la vertú, e per me solo ai nostri tempi veste di broccato, bee ne le coppe d’oro, si orna di gemme, ha de le collane, dei danari, cavalca da reina, è servita da imperadrice e riverita da H. Akiítino, /attere -1.