Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/147

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ch’io divotamente vi dono; e vagliami appresso la vostra grandezza la materia di che esse favellano, poiché non mi vale la bassezza de l’ingegno, del qual son si povero, che a voi, che mi potete salvare d’ogni miseria, non posso render grazie degne. Ma, per non potere altro, celebro voi, che séte la salute di quegli intelletti, che sapranno dire come ciò che si scerne in voi è divino. Certamente voi per volontá celeste séte adorna dei costumi degli angeli e ricca di qualunche grazia può venir da sopra. Onde non si potrá imaginare, non che scrivere, né dir parola, lodandovi, che non si scemi del vero. Ma, perché Quella è tale, debbe degnarsi d’acettar il piccol dono, ch’io con gran fervore le mando?

Di Venezia, il 9 di aprile 1537.

CXVII

AL CARDINAL CARACCIOLO

< >ode che il Caracciolo si sia ricreduto circa l’accusa, di cui alla lettera evi. Se l’altrui querela, signore, fusse stata breve, la mia lettra non era lunga. Don Lope, parendogli strano ch’io avessi fatto quel che meritarci gastigo pure a pensarlo, tutto alterato, credendo over fingendo di creder la menzogna, teneva impossibile il poter io giustificarmi in cotal caso. Mi era ancor detto che a Sua Signoria si scrivea di costi : — Procacciate per Pietro, favoritelo, lodatelo, ché ve ne rende un bel merito! —onde a me, che acquistava perciò nome di maligno e d’ingrato, fu di mestiero difender la ragion mia con molte parole. Ma, se mi fusse stato detto: — Aretino, queste cose vengono di Milano per opre tue, benché il Cardinal noi crede; — io, senza passione e senza ira, averci ringraziato Vostra Signoria reverendissima de la sua moderata avertenza, e poi scusatomi con la veritá semplicemente. Ora io conosco che voi siete in cotesta cittá il maggior giudice per saper ben giudicare, onde pò stare allegra la giustizia con cui reggete cotesti popoli, poiché ne la fronte d’ognuno vedete