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CL

A DON FERRANTE GONZAGA

vecerè di Sicilia. Lodi. Bene il dimostra l’Eccellenza Vostra che la prudenza (la quale è una certa unione di temperanza e di giustizia) sia la prima e la propria vertú del principe. Ella è tale, che può vincer la fortuna e gli uomini; e ciò si vedrá nei ripari che la providenza vostra di sua mano ha fatti ne la Sicilia, trovando modi facilissimi dove era gran difficultá a pensargli, onde ne séguita la sicurezza e di cotesto regno e di tutta Italia, la qual dice che ne le subite occorrenze piú vale il consiglio e la benivolenza che la forza e Tarmi. La savia dolcezza del vostro reggere giustamente e temperatamente coteste terre ha proveduto a le necessitá private e publiche. Perciò il privato e il publico tanto vi debbe, che mai non potrá sodisfarvelo, e a l’imperadore si conviene trare altrui di si gran debito. Egli non è dubbio che, se voi non aveste tanto proveduto quanto avete provisto, che la paura dei turchi occupava di maniera i grandi, che Roma saria giá vota fin del popolo. E tutto è dono de la vertú vostra, la quale è verace in voi, e in altri una imagine d’essa vertú; e vi si attribuisce il titolo di «felice», poiché, fino a chi non intende, sanno quanto n’avete. Perché la pratica di cotal vostra dote è sempre d’intorno al compir de le faccende, per mezzo del cui sudore avete imparato con ogni prudenzia e con ogni fortezza quel mezzo con cui devete operare la mano e l’ingegno. Si che potete viver lieto, connuinerandovi nel numero dei quasi iddii, poiché la fama e la gloria dei vostri manifesti andari è accettata da le orecchie degli uomini famosi e gloriosi.

Di Venezia, il 17 di giugno 1537. árktino, Lettere • I. 17