Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/264

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esclamai con le voci de l’estrema affezzione, che gli portarò eternamente, per ritrarne cotale né altra somma, ma per conto d’una lettra, ch’io non ho mai potuto ottenere in risposta di tante mandatene. Onde la mia fede, ristretta nel dubbio che occupa l’animo di quegli che hanno paura di non esser grati ai loro iddíi, temendo di non averci grazia, quasi disperata, mossa da l’amore e non da lo sdegno, se n’è dolta. E, se non ch’io veggo che Sua Eccellenza è piu liberale di danari che di carte, raddoppiarci i lamenti. Insomma il grandissimo Giovanni dei Medici fu suo padre: egli non traligna: con l’oro e non con le parole si pagano gli anni de la servitú. E, senza vederne altro segno, son certo de la grandezza dei pensieri del giovane eletto; e la modestia, intera dote de la natura che è in voi, vi fa parere il minore appresso di lui, ed è il profondo del grado, nel qual séte, l’umiliarvi in si fatto modo. Ma, se voi mi amaste tanto quanto potete giovarmi, buon per me! benché le dimostrazioni, con cui fino al tempo del cardinalato di Clemente mi favoriste, trapassano il merito mio. Benché è ne le stampe chi mi fará in parte cancellare il debito, il quale ho con voi e con la reale intenzione di sollevarmi, che, ne la scritta al duca d’Urbino, dimostra lo illustrissimo padron mio e parente vostro. Io ricorsi a Francesco Maria (ne la cui animosa previdenza si riposa l’unione dei cori, de l’armi e de le genti papali, imperiali e veniziane, per la qual cosa trema quel che dianzi ci spaventava), perché egli l’ha ne l’anima come il proprio figliuolo. E so eh’ io ho fatto piacere a la Eccellenza de l’uno e de l’altro, nel chiarirmi che pur sono in qualche conto ne la memoria di cotanti principi. Ora io sto aspettando che l’opera fornisca d’imprimersi, per mandarla costi subito.

Di Venezia, il 33 di ottobre 1537.