Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/411

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I

Scrittore rapidissimo, cui era concesso di buttar sulla carta eon foga vertiginosa, senza una fermata e senza un pentimento, ciò che gli suggeriva una fantasia vividissima e non mai affievolita dalla stanchezza; — odiatore acerrimo della retorica, della pedanteria, delle frasi fatte, dei periodi boccacceschi, e invece propugnatore ed esempio d’un linguaggio vivo, schietto, ricchissimo d’immagini, dai periodi brevi e spezzati, talvolta basso e triviale, ma talaltra assorgente a vera altezza artistica; — fornito di cultura superficiale, e di certo assai inferiore a quella, cosi raffinata, dei suoi tempi, ma appunto perciò non impegolato nei libri e riversante l’ingegno agilissimo nella conoscenza diretta degli uomini e delle cose; — pittore mancato (0 e versificatore mediocre, ma appunto perciò, come gli uomini di talento che tentano l’arte senza riuscirvi, di arte intenditore espertissimo e pieno di gusto; — sfornito del tutto di passione politica, ma appunto perciò non accecato da amori e odii di fazione, e segugio abilissimo nell’avvertire la piega degli avvenimenti; — miscuglio infine delle piú opposte qualitá morali (fonti di espressioni sempre nuove e diverse) : cinismo brutale e affettivitá intensa, aviditá immoderata di lucro e prodigalitá sfrenata, alterigia da sovrano e umiltá da cappuccino, temeritá da avventuriero che non ha nulla da perdere e poltroneria da pusillo che tien cara la propria pelle, appetito inesauribile di fama, di potenza e di onori, e convinzione profonda dell’inanitá di siffatti beni; — Pietro Aretino era l’incarnazione concreta di quanti requisiti, positivi e negativi, si possano mettere astrattamente insieme, per formare il «tipo» del perfetto (i) Cfr. Alessandro Luzio, L’A. pittore , in P. A. nei primi suoi anni a Venezia e la corte dei Gonzaga (Torino, Loescher, 1888), pp. 109-111. P. Aretino, lettere 26