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Intanto non resto di lodarvi, con viva voce e con aperta lingua, de la caritá con che voi e colei che vi è consorte riguardate inverso le occorrenze de la sorella e del cognato mio: cosa non men degna de la nobiltá di voi due che necessaria ai commodi loro.

Di Vinezia, il 30 d’agosto 1538.

CDXVII

A MESSER ANDREA UDONE

Magnifica le splendidezze della casa dell’Udone. Non vi crediate, o uomo ottimo, che lo aspettar io che mi si mandi ciò che vi scrive d’Inghilterra il nostro signor Girolamo da Trevigi, spirito molto degno de la reputazione ne la quale l’ha posto il fortunato e religioso Enrico, sia stato di mia superbia. Peroché d’ogni altro difetto posso esser macchiato, ma di cotal vizio no. Certo che il desiderio di veder voi e la vostra casa è suto cagione che prima mi sia capitata la predetta carta in mano, che io abbi potuto aver grazia di vedere e la casa vostra e voi. Onde lo indugio e la prestezza di voi mi ha fatto due ingiurie con una vergogna appresso, avenga che il far voi l’ufficio, che a me si debbe, mi è suto di molto rossore. Benché la benignitá del buono Udone è talmente core de la bontade, che ogni sua operazione è senza cerimonia e senza arroganza. Ma chi vói vedere in che modo il suo animo è netto e candido, miri di lui la fronte e l’abitazione; e’ mirile, dico, e vedrá quanto di sereno e di vago si può bramare in una abitazione e in una fronte. Se non che parrebbe un non so che, simigliarei le camere, la sala, la loggia e il giardino de la stanza che abitate a una sposa che aspetta il parentado, che dee venire a veder darle la mano. E ben debbo io farlo, si e ella forbita e atapezzita e splendente. Io, per me, non ci vengo mai, che non tema di calpestarla coi piedi; cotanta è la