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Di me non parlo, perché mi dolgo di non poter mostrarvi tanto effetto quanto io ho volontá, onde son per lui in tutto quel ch’io vaglio. Di Vinezia, il 26 d’agosto 1541.

DCXXI

A MONSIGNOR DA LA BARBA

Usi clemenza con Perugia ora che è tornata sotto il dominio papa’e, e renda giustizia a Mario Podiano, che è del tutto innocente di ciò che gli si attribuisce. Io so bene, padron mio, che nel ricever di questa, che ora pur vi scrivo, non altrimenti ve ne maravigliurete che si maravigli un creditor discreto di colui, che, quando men ci pensava, gli restituisce la somma dei denari dovuti. Ma con quale iscusa difenderò io il mio dovervi sempre scrivere e non vi aver mai scritto? Certo che non debbo dire che io non l’ho latto per istimarini, essendo voi prelato, che insieme con loro aveste meco una indignazion comune; peroché, si corno io ho in alcuno molta speranza nonché assai riverenzia, cosi tra loro ci è chi assai mi ama e molto mi riguarda. Come si sia, in pensare di non avere usato gii uffici debiti inverso de la Vostra reverendissima Signoria, la dolcezza de la quale in ogni grado consenti che io potessi promettermi di lei, paio uno di coloro che, non potendo piú negare l’errore, incita la pena meritata al castigo de la colpa propria. Ma. poiché la Benignitá Vostra tolera la gravezza dei falli commessigli contra da la ignoranzia altrui con la modestia con cui Ella sopporta il fausto degli onori dedicatogli dal dovere d’altri, mi rassicuro ne la sua grazia ne la maniera ch’io me ne rassicurava alora che in atti domestici usai la conversazione di voi, che amministrate Peiugia con la caritá che mostra uno agricultor provido ne le occorrenze de la possession paterna; onde si fatta cittade vi vede con quel core,