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è di vostra natura il compiacere a tutti. Onde io con ogni intrinsico affetto bascio le mani de la Vostra non meno illustrissima che reverendissima Signoria.

Di Vinezia, il 3 di novembre 1541.

DCXXXVII

A MESSER BERNARDINO SERFINO

Cosimo de’ Medici, quantunque giovane, lia troppo giudizio da non finire per riconoscere i solidi meriti del Serfino, antico servitore di Giovanni dalle Bande nere, a onta delle calunnie di perfidi cortigiani, che, sotto le loro adulazioni, celano il desiderio che a Cosimo tocchi lo stesso Tato cui soggiacque il duca Alessandro. lo, che tuttavia vi sarò quel fratello che sempre vi sono stato, ho ricevute le lettre scrittemi ne le aversitá presenti con una caritá molto varia da quella che avrei mostrata, se vi fosse talvolta occorso di scrivermi ne le prosperitá passate; eonciosiaché lo istinto de la mia natura va secondando l’altrui virtú e non l’altrui fortuna. Imperoché l’ima ci è data da Dio e l’altra prestata dal mondo; onde lo stato di quella è fermo e lo impero di questa mobile. Testimone non dico Ambrogio a Roma e Carlo a Mantova, perché sono profani suggetti, ma Ibraim in Constantinopoli e Cramuel in Inghilterra. Ecco: cotali idoli de la sorte a la fine son rimasti essempli di miseria e de disperazione. Avenga che i principi, alora o che la invidia d’altri o che l’avarizia loro o che la disgrazia nostra gli corrompe, si rivoltano a disfare le fatture proprie senza punto ili misericordia; e ben ne vanno quegli che, in cosi strani accidenti, ne riportano la vita salva, come ne riportate voi: d’il che ringrazio tanto piú Cristo quanto men lo sperai. Certo che il mio temere circa ciò era causato da la giovanezza ducale, il cui procedere, per non esser anco capace del consiglio virile, ha posto in rischio il capo de la vostra innocenzia con orribile spettacolo. Ma non curate, cbé la pruJenzia di cotanto principe