Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/266

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concluse nel giudizio degli uomini senza invidia che vi si devrebbe piú tosto dir principe che mercante. Onde io non pur concorro nel lor parere, ma ci aggiungo Tesser voi proprio nato di una si splendida e insolita generositá, che, nonché porre in opra, niun, per gran maestro che sia, è atto a comprenderla. E se ci fusse il modo come la volontá, anche i signori del mondo direbbono ciò che io dico. Or, per parlare degli oblighi del mio particulare, confesso che sono di sorte infiniti, che non ardisco a tacergli, per non esser tenuto ingrato, e mi metto in pensiero a publicargli, perché non mi si dica bugiardo. Ma, perché ogni cosa è meglio che la ingratitudine, faccio intendere ai virtuosi come i miei bisogni non han trovato il piú largo re né ’1 piú cortese imperador di voi. E il minor piacer, che mi facciate, è la commoditá degli scudi, che a centinaia solete portarmi a casa, senza chiedervigli ; che è un servigio che, pagandosi, si cresce il debito. Benché, nel ristorarvi de si alto benefizio, mi sforzarò di imitar una campagna fertile, che rende ad altri assai piú che non riceve. Di Vinezia, il 26 d’agosto 1542. DCCXCVIt AL VESCOVO MIGNANELLI, LEGATO APOSTOLICO Entusiastiche congratulazioni per la sua brillante e rapida carriera ecclesiastica e augúri del cardinalato. Da che io, monsignor Fabbio, doppo lo inchinarmivi come deveva, godei de la vostra realissima presenzia quel tanto che la sua mansuetudine consenti ch’io ne godessi, me ne venni a casa, pensando meco stesso, non a la fortuna, ma a la vertú, che, di compagno che mi eravate, ha fatto si che mi séte padrone. E di ciò piglio piú lettizia che altri non pigliarebbe invidia; imperoché il grado, che altri ottiene per proprio merito, ritorna in riputazione di chi lo riverisce nel modo ch’io riverisco voi, che ascendete a le degnitá col passo d’una moderata