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fortuna e col favore d’una tacita constellazione. E però io vi ho visto prima prelato che io sapessi che voi foste de l’ordine ecclesiastico; onde da cotal cosa si può sperare, anzi tener per fermo, che il cappello segua a la mitera, la cui perminenzia sia tosto, lo dico ciò perché non solo i vostri amici e servitori sono obligati a desiderarvi il cardinalato, ma ognuno che si compiace ne le persone, come voi, dotte e ottime. Certo che la scienza e la bontá, che vi notrisce, è tanto intrinsica con la giustizia, che vi fa giusto, che si vede per ognuno che il vostro intendimento è anima del saper vero e non ispirito de l’astuzia accorta. Onde non è maraviglia se il grave giudizio dei signori veneti vi atribuisce ogni sorte di lode e vi dedica ogni somma d’onore; la qual cosa mi empie il petto di quella consolazion dolce che altri sente negli accrescimenti di se medesimo. Intanto reputo gran ventura la mia, da che, essendo voi tale, amate me, che vorrei saper commendar la Vostra reverendissima Signoria ne la maniera che Ella è degna d’esser commendata. Di Vinczia, il 27 d’agosto 1542.

DCCXCVIII

A MESSER FRANCESCO MARCOLINI

Si ride dei frati, che criticano le sue opere sacre. Che è a me, o compare, il gracchiar dei frati, che dicono che io non so disputar de la fede? Certo che io so meglio credere a Cristo che essi non san parlarne, onde aviene che dai miei discorsi non si ritranno dubbi, e mi sforzo aver piú tosto Iddio nel core tacito che ne la bocca vocifera. Si che poco mi curo di ciò che vanno anfanando si fatte genti, imperoché la maggior parte di loro pigliono l’abito, che se gli vede, per essere in tutto abandonati da la speranza, nonché da la fortuna. Di Vinezia, il 27 d’agosto 1542.