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Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/102

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96 iv - capitoli

XIII

Nessuna forza umana o divina potrá svellerle dal cuore l’affetto potente che nutre verso il suo innamorato.

     Qual son, qual sempre fui, tal esser voglio,
alto o basso Fortuna che mi ruote,
o siami Amor benigno o m’usi orgoglio;
     io son di vera fede immobil cote,
5che ’l vento indarno, indarno il flusso alterno
del pelago d’amor sempre percuote.
     Né giá mai per bonaccia né per verno,
di lá dove il destin mi fermò prima,
luoco mutai né muterò in eterno.
     10Vedrò prima salir verso la cima
de l’alpe i fiumi e s’aprirá il diamante
col legno o piombo e non con altra lima,
     che possa il mio destin mover le piante,
se non per gir a voi, che possa ingrato
15sdegno d’amor rompermi il cor constante.
     A voi di me tutto il dominio ho dato;
so ben che de la mia non fu mai fede
meglior giurata in alcun novo Stato.
     E forse avete piú ch’altri non crede,
20quando né al mondo il piú sicuro regno
di questo, re né imperador possiede.
     Quel ch’io v’ho dato anco diffeso tegno;
per questo voi né d’assoldar persona
né di riparo avete a far disegno.
     25Nessuno o che m’assalti o che mi pona
insidie, mai mi troverá sprovista;
o mai d’avermi vinta avrá corona.
     Oro non giá che i vili animi acquista,
mi acquisterá, né scettro né grandezza;
30ch’ai sciocco vulgo abbagliar suol la vista;