Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/157

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vi - stanze 151

11
     Due volte da costui par Roma oppressa;
poi da Ghilulfo, quando Augusto irato
par che il faccia venir a’ danni d’essa,
di che n’arde Toscana in ogni lato.
Ecco con gente piú che l’api spessa
che ’l re bavaro è nel Friuli entrato,
poi che Romilda, in mezo ’l cor ferita
da l’empio amor, la patria gli ha tradita.
12
     E quel crudel la strugge sí, ch’a pena
di quel ch’esser solea vestigio resta;
e i longobardi in tanto strazio mena
che poco più non ne restava testa.
Di sangue e fuoco è tutta Italia piena,
ch’or gente greca or barbara l’infesta;
morto si vede Teodoro al piano
con otto mila del nome romano.
13
     Altrove par che Grimoaldo, uscito
di Benevento, i ricchi insubri assaglia;
che ’l seme d’Ariperto sia fuggito;
ch’a Ciodoveo di Francia sí ne caglia
che con lui mandi essercito infinito;
che perda poi con scorno la battaglia,
ch’al vino e a’ cibi la gente francesca
presa riman, come la lasca all’esca.
14
     Costanzo passa il mar e ’n Puglia smonta;
arde Luceria e la contrada strugge;
vien Romoaldo a vendicar quest’onta;
non l’aspetta Costanzo e a Roma fugge;
resta Saburro e ’l longobarbo affronta,
ma tosto se ne pente e invan ne lugge,
che di ventidue mila ch’eran seco,
seicento non tornar al lito greco.