Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/59

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iii - madrigali 53

che faccia, s’io ne parlo,
crescerli il duol sí che l’uccida presto;
pur io vi vuo’ dir questo:
che da voi tutto nasce il mio martíre,
10e se ’l ne more, il fate voi morire.

VI

La sua costanza meriterebbe almeno un principio di mercede.

     Se voi cosí mirasse alla mia fede,
com’io miro a’ vostr’occhi e a vostre chiome,
ecceder l’altre la vedreste, come
vostra bellezza ogni bellezza eccede.
5E come io veggio ben che l’una è degna,
per cui né lunga servitú né dura,
noiosa mai debbia parermi o grave,
cosí vedreste voi che vostra cura
dev’esser che quest’altra si ritegna
10sotto piú lieve giogo e piú soave,
e con maggior speranza che non ave
d’esser premiata, e se non ora a pieno
come devriasi, almeno
con un dolce principio di mercede.

VII

Ormai ella cede le armi e si arrende ad Amore.

     A che piú strali, Amor, s’io mi ti rendo?
Lasciami viva, e in tua prigion mi serra.
A che pur farmi guerra,
s’io ti do l’arme e piú non mi difendo?
5Perché assalirmi ancor, se giá son vinta?
Non posso piú; questo è quel fiero colpo,
che la forza, l’ardir, che ’l cor mi tolle;
l’usato orgoglio ben danno ed incolpo.
Or non recuso, di catena cinta,