Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/127

Da Wikisource.

sesto 121


64
     Un ch’avea umana forma i piedi e ’l ventre,
e collo avea di cane, orecchie e testa,
contra Ruggiero abaia, acciò ch’egli entre
ne la bella cittá ch’a dietro resta.
Rispose il cavallier: — Nol farò, mentre
avrá forza la man di regger questa! —
e gli mostra la spada, di cui volta
avea l’aguzza punta alla sua volta.

65
     Quel monstro lui ferir vuol d’una lancia,
ma Ruggier presto se gli aventa addosso:
una stoccata gli trasse alla pancia,
e la fe’ un palmo riuscir pel dosso.
Lo scudo imbraccia, e qua e lá si lancia,
ma l’inimico stuolo è troppo grosso:
l’un quinci il punge, e l’altro quindi afferra:
egli s’arrosta, e fa lor aspra guerra.

66
     L’un sin a’ denti, e l’altro sin al petto
partendo va di quella iniqua razza;
ch’alla sua spada non s’oppone elmetto,
né scudo, né panziera, né corazza:
ma da tutte le parti è cosí astretto,
che bisogno saria, per trovar piazza
e tener da sé largo il popul reo,
d’aver piú braccia e man che Briareo.

67
     Se di scoprire avesse avuto aviso
lo scudo che giá fu del negromante
(io dico quel ch’abbarbagliava il viso,
quel ch’all’arcione avea lasciato Atlante),
subito avria quel brutto stuol conquiso
e fattosel cader cieco davante;
e forse ben, che disprezzò quel modo,
perché virtude usar volse, e non frodo.