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ottavo 155


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     E perché molto dilungata s’era,
e poco piú, n’avria perduta l’orma,
ricorse il frate alla spelonca nera,
e di demoni uscir fece una torma:
e ne sceglie uno di tutta la schiera,
e del bisogno suo prima l’informa;
poi lo fa entrare adosso al corridore,
che via gli porta con la donna il core.

33
     E qual sagace can, nel monte usato
a volpi o lepri dar spesso la caccia,
che se la fera andar vede da un lato,
ne va da un altro, e par sprezzi la traccia;
al varco poi lo senteno arrivato,
che l’ha giá in bocca, e l’apre il fianco e straccia:
tal l’eremita per diversa strada
aggiugnerá la donna ovunque vada.

34
     Che sia il disegno suo, ben io comprendo:
e dirollo anco a voi, ma in altro loco.
Angelica di ciò nulla temendo,
cavalcava a giornate, or molto or poco.
Nel cavallo il demon si gía coprendo,
come si cuopre alcuna volta il fuoco,
che con sí grave incendio poscia avampa,
che non si estingue, e a pena se ne scampa.

35
     Poi che la donna preso ebbe il sentiero
dietro il gran mar che li Guasconi lava,
tenendo appresso all’onde il suo destriero,
dove l’umor la via piú ferma dava;
quel le fu tratto dal demonio fiero
ne l’acqua sí, che dentro vi nuotava.
Non sa che far la timida donzella,
se non tenersi ferma in su la sella.