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undecimo 237


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     Orlando domandò ch’iniqua sorte
l’avesse fatta all’isola venire
di lá dove lasciata col consorte
lieta l’avea quanto si può piú dire.
— Non so (disse ella) s’io v’ho, che la morte
voi mi schivaste, grazie a riferire,
o da dolermi che per voi non sia
oggi finita la miseria mia.

57
     Io v’ho da ringraziar ch’una maniera
di morir mi schivaste troppo enorme;
che troppo saria enorme, se la fera
nel brutto ventre avesse avuto a porme.
Ma giá non vi ringrazio ch’io non pèra;
che morte sol può di miseria tôrme:
ben vi ringrazierò, se da voi darmi
quella vedrò, che d’ogni duol può trarmi. —

58
     Poi con gran pianto seguitò, dicendo
come lo sposo suo l’avea tradita;
che la lasciò su l’isola dormendo,
donde ella poi fu dai corsar rapita.
E mentre ella parlava, rivolgendo
s’andava in quella guisa che scolpita
o dipinta è Diana ne la fonte,
che getta l’acqua ad Ateone in fronte;

59
     che, quanto può, nasconde il petto e ’l ventre,
piú liberal dei fianchi e de le rene.
Brama Orlando ch’in porto il suo legno entre;
che lei, che sciolta avea da le catene,
vorria coprir d’alcuna veste. Or mentre
ch’a questo è intento, Oberto sopraviene,
Oberto il re d’Ibernia, ch’avea inteso
che ’l marin mostro era sul lito steso;