Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/253

Da Wikisource.

canto duodecimo 247


12
     Tutti cercando il van, tutti gli dánno
colpa di furto alcun che lor fatt’abbia:
del destrier che gli ha tolto, altri è in affanno;
ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia;
altri d’altro l’accusa: e cosí stanno,
che non si san partir di quella gabbia;
e vi son molti, a questo inganno presi,
stati le settimane intiere e i mesi.

13
     Orlando, poi che quattro volte e sei
tutto cercato ebbe il palazzo strano,
disse fra sé: — Qui dimorar potrei,
gittare il tempo e la fatica invano:
e potria il ladro aver tratta costei
da un’altra uscita, e molto esser lontano. —
Con tal pensiero uscí nel verde prato,
dal qual tutto il palazzo era aggirato.

14
     Mentre circonda la casa silvestra,
tenendo pur a terra il viso chino,
per veder s’orma appare, o da man destra
o da sinistra, di nuovo camino;
si sente richiamar da una finestra:
e leva gli occhi; e quel parlar divino
gli pare udire, e par che miri il viso,
che l’ha da quel che fu, tanto diviso.

15
     Pargli Angelica udir, che supplicando
e piangendo gli dica: — Aita, aita!
la mia virginitá ti raccomando
piú che l’anima mia, piú che la vita.
Dunque in presenzia del mio caro Orlando
da questo ladro mi sará rapita?
Piú tosto di tua man dammi la morte,
che venir lasci a sí infelice sorte. —