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canto duodecimo 261


68
     Era ne l’ora, che traea i cavalli
Febo del mar con rugiadoso pelo,
e l’Aurora di fior vermigli e gialli
venía spargendo d’ogn’intorno il cielo;
e lasciato le stelle aveano i balli,
e per partirsi postosi giá il velo;
quando appresso a Parigi un dí passando,
mostrò di sua virtú gran segno Orlando.

69
     In dua squadre incontrossi: e Manilardo
ne reggea l’una, il Saracin canuto,
re di Norizia, giá fiero e gagliardo,
or miglior di consiglio che d’aiuto;
guidava l’altra sotto il suo stendardo
il re di Tremisen, ch’era tenuto
tra gli Africani cavallier perfetto;
Alzirdo fu, da chi ’l conobbe, detto.

70
     Questi con l’altro esercito pagano
quella invernata avean fatto soggiorno,
chi presso alla cittá, chi piú lontano,
tutti alle ville o alle castella intorno:
ch’avendo speso il re Agramante invano,
per espugnar Parigi, piú d’un giorno,
volse tentar l’assedio finalmente,
poi che pigliar non lo potea altrimente.

71
     E per far questo avea gente infinita;
che oltre a quella che con lui giunt’era,
e quella che di Spagna avea seguita
del re Marsilio la real bandiera,
molta di Francia n’avea al soldo unita;
che da Parigi insino alla riviera
d’Arli, con parte di Guascogna (eccetto
alcune ròcche) avea tutto suggetto.