Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/313

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quartodecimo 307


72
     So che i meriti nostri atti non sono
a satisfare al debito d’un’oncia;
né devemo sperar da te perdono,
se riguardiamo a nostra vita sconcia:
ma se vi aggiugni di tua grazia il dono,
nostra ragion fia ragguagliata e concia;
né del tuo aiuto disperar possiamo,
qualor di tua pietá ci ricordiamo. —

73
     Cosí dicea l’imperator devoto,
con umiltade e contrizion di core.
Giunse altri prieghi e convenevol voto
al gran bisogno e all’alto suo splendore.
Non fu il caldo pregar d’effetto vòto;
però che ’l genio suo, l’angel migliore,
i prieghi tolse e spiegò al ciel le penne,
et a narrare al Salvator li venne.

74
     E furo altri infiniti in quello instante
da tali messaggier portati a Dio;
che come gli ascoltâr l’anime sante,
dipinte di pietade il viso pio,
tutte miraro il sempiterno Amante,
e gli mostraro il commun lor disio,
che la giusta orazion fosse esaudita
del populo cristian che chiedea aita.

75
     E la Bontá ineffabile, ch’invano
non fu pregata mai da cor fedele,
leva gli occhi pietosi, e fa con mano
cenno che venga a sé l’angel Michele.
— Va (gli disse) all’esercito cristiano
che dianzi in Picardia calò le vele,
e al muro di Parigi l’appresenta
sí, che ’l campo nimico non lo senta.