Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. I, 1928 – BEIC 1737380.djvu/344

Da Wikisource.
338 canto


60
     Dagli altri nodi avendol sciolto prima,
ch’era tornato uman piú che donzella,
di trarlo seco e di mostrarlo stima
per ville, per cittadi e per castella.
Vuol la rete anco aver, di che né lima
né martel fece mai cosa piú bella:
ne fa somier colui ch’alla catena
con pompa trionfal dietro si mena.

61
     L’elmo e lo scudo anche a portar gli diede,
come a valletto, e seguitò il camino,
di gaudio empiendo, ovunque metta il piede,
ch’ir possa ormai sicuro il peregrino.
Astolfo se ne va tanto, che vede
ch’ai sepolcri di Memfi è giá vicino,
Memfi per le piramidi famoso:
vede all’incontro il Cairo populoso.

62
     Tutto il popul correndo si traea
per vedere il gigante smisurato.
— Come è possibil (l’un l’altro dicea)
che quel piccolo il grande abbia legato? —
Astolfo a pena inanzi andar potea,
tanto la calca il preme da ogni lato;
e come cavallier d’alto valore
ognun l’ammira, e gli fa grande onore.

63
     Non era grande il Cairo cosí allora,
come se ne ragiona a nostra etade:
che ’l populo capir, che vi dimora,
non puon diciottomila gran contrade;
e che le case hanno tre palchi, e ancora
ne dormono infiniti in su le strade;
e che ’l soldano v’abita un castello
mirabil di grandezza, e ricco e bello;