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quintodecimo 343


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     Non men de la vittoria si godea,
che se n’avesse Astolfo giá la palma;
come chi speme in pochi colpi avea
svellere il crine al negromante e l’alma.
Però di quella impresa promettea
tor sugli omeri suoi tutta la salma:
Orril fará morir, quando non spiaccia
ai duo fratei, ch’egli la pugna faccia.

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     Ma quei gli danno volentier l’impresa,
certi che debbia affaticarsi invano.
Era giá l’altra aurora in cielo ascesa,
quando calò dai muri Orrilo al piano.
Tra il duca e lui fu la battaglia accesa:
la mazza l’un, l’altro ha la spada in mano.
Di mille attende Astolfo un colpo trarne,
che lo spirto gli sciolga da la carne.

82
     Or cader gli fa il pugno con la mazza,
or l’uno or l’altro braccio con la mano;
quando taglia a traverso la corazza,
e quando il va troncando a brano a brano:
ma ricogliendo sempre de la piazza
va le sue membra Orrilo, e si fa sano.
S’in cento pezzi ben l’avesse fatto,
redintegrarsi il vedea Astolfo a un tratto.

83
     Al fin di mille colpi un gli ne colse
sopra le spalle ai termini del mento:
la testa e l’elmo dal capo gli tolse,
né fu d’Orrilo a dismontar piú lento.
La sanguinosa chioma in man s’avolse,
e risalse a cavallo in un momento;
e la portò correndo incontra ’l Nilo,
che riaver non la potesse Orrilo.