Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/13

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decimosettimo 7


24
     Ancor che quivi non venne Grifone
a questo effetto, pur lo ’nvito tenne;
che qual volta se n’abbia occasione,
mostrar virtude mai non disconvenne.
Interrogollo poi de la cagione
di quella festa, e s’ella era solenne
usata ogn’anno, o pure impresa nuova
del re ch’i suoi veder volesse in pruova.

25
     Rispose il cavallier: — La bella festa
s’ha da far sempre ad ogni quarta luna:
de l’altre che verran, la prima è questa:
ancora non se n’è fatta piú alcuna.
Sará in memoria che salvò la testa
il re in tal giorno da una gran fortuna,
dopo che quattro mesi in doglie e ’n pianti
sempre era stato, e con la morte inanti.

26
     Ma per dirvi la cosa pienamente,
il nostro re, che Norandin s’appella,
molti e molt’anni ha avuto il core ardente
de la leggiadra e sopra ogn’altra bella
figlia del re di Cipro: e finalmente
avutala per moglie, iva con quella,
con cavallieri e donne in compagnia;
e dritto avea il camin verso Soria.

27
     Ma poi che fummo tratti a piene vele
lungi dal porto nel Carpazio iniquo,
la tempesta saltò tanto crudele,
che sbigottí sin al padrone antiquo.
Tre dí e tre notti andammo errando ne le
minacciose onde per camino obliquo.
Uscimo al fin nel lito stanchi e molli,
tra freschi rivi, ombrosi e verdi colli.