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ventesimoterzo 209


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     Quando apparir Zerbin si vide appresso
la donna che da lui fu amata tanto,
la bella donna che per falso messo
credea sommersa, e n’ha piú volte pianto;
com’un ghiaccio nel petto gli sia messo,
sente dentro aggelarsi, e triema alquanto:
ma tosto il freddo manca, et in quel loco
tutto s’avampa d’amoroso fuoco.

65
     Di non tosto abbracciarla lo ritiene
la riverenza del signor d’Anglante;
perché si pensa, e senza dubbio tiene
ch’Orlando sia de la donzella amante.
Cosí cadendo va di pene in pene,
e poco dura il gaudio ch’ebbe inante:
il vederla d’altrui peggio sopporta,
che non fe’ quando udí ch’ella era morta.

66
     E molto piú gli duol che sia in podesta
del cavalliero a cui cotanto debbe;
perché volerla a lui levar né onesta
né forse impresa facile sarebbe.
Nessuno altro da sé lassar con questa
preda partir senza romor vorrebbe:
ma verso il conte il suo debito chiede
che se lo lasci por sul collo il piede.

67
     Giunsero taciturni ad una fonte,
dove smontaro e fêr qualche dimora.
Trassesi l’elmo il travagliato conte,
et a Zerbin lo fece trarre ancora.
Vede la donna il suo amatore in fronte,
e di subito gaudio si scolora;
poi torna come fiore umido suole
dopo gran pioggia all’apparir del sole.