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canto ventesimoquarto 251


92
     Di condurla in Provenza ebbe pensiero,
non lontano a Marsilia in un castello,
dove di sante donne un monastero
ricchissimo era, e di edificio bello:
e per portarne il morto cavalliero,
composto in una cassa aveano quello,
che ’n un castel ch’era tra via, si fece
lunga e capace, e ben chiusa di pece.

93
     Piú e piú giorni gran spazio di terra
cercaro, e sempre per lochi piú inculti;
che pieno essendo ogni cosa di guerra,
voleano gir piú che poteano occulti.
Al fine un cavallier la via lor serra,
che lor fe’ oltraggi e disonesti insulti;
di cui dirò quando il suo loco fia;
ma ritorno ora al re di Tartaria.

94
     Avuto ch’ebbe la battaglia il fine
che giá v’ho detto, il giovin si raccolse
alle fresche ombre e all’onde cristalline;
et al destrier la sella e ’l freno tolse,
e lo lasciò per l’erbe tenerine
del prato andar pascendo ove egli volse:
ma non ste’ molto, che vide lontano
calar dal monte un cavalliero al piano.

95
     Conobbel, come prima alzò la fronte,
Doralice, e mostrollo a Mandricardo,
dicendo: — Ecco il superbo Rodomonte,
se non m’inganna di lontan lo sguardo.
Per far teco battaglia cala il monte:
or ti potrá giovar l’esser gagliardo.
Perduta avermi a grande ingiuria tiene,
ch’era sua sposa, e a vendicar si viene. —