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decimosettimo 25


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     Quivi erano d’Apamia duo germani,
soliti in giostra rimaner di sopra,
Tirse e Corimbo; et ambo per le mani
del figlio d’Uliver cadêr sozzopra.
L’uno gli arcion lascia allo scontro vani;
con l’altro messa fu la spada in opra.
Giá per commun giudicio si tien certo
che di costui fia de la giostra il merto.

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     Ne la lizza era entrato Salinterno,
gran dïodarro e maliscalco regio,
e che di tutto ’l regno avea il governo,
e di sua mano era guerriero egregio.
Costui, sdegnoso ch’un guerriero esterno
debba portar di quella giostra il pregio,
piglia una lancia, e verso Grifon grida,
e molto minacciandolo lo sfida.

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     Ma quel con un lancion gli fa risposta,
ch’avea per lo miglior fra dieci eletto,
e per non far error, lo scudo apposta,
e via lo passa e la corazza e ’l petto:
passa il ferro crudel tra costa e costa,
e fuor pel tergo un palmo esce di netto.
Il colpo, eccetto al re, fu a tutti caro;
ch’ognuno odiava Salinterno avaro.

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     Grifone, appresso a questi, in terra getta
duo di Damasco, Ermofilo e Carmondo.
La milizia del re dal primo è retta;
del mar grande almiraglio è quel secondo.
Lascia allo scontro l’un la sella in fretta:
adosso all’altro si riversa il pondo
del rio destrier, che sostener non puote
l’alto valor con che Grifon percuote.