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Ma il re Sobrino, il quale era presente,
da questa impresa molto il dissuade,
dicendogli che mal convenïente
era all’altezza di sua maestade,
se ben avesse d’esserne vincente
ferma speranza e certa sicurtade:
piú ch’onor, gli fia biasmo, che si dica
ch’abbia vinta una femina a fatica.
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Poco l’onore, e molto era il periglio
d’ogni battaglia che con lei pigliasse;
e che gli dava per miglior consiglio,
che Brunello alle forche aver lasciasse;
e se credesse ch’uno alzar di ciglio
a torlo dal capestro gli bastasse,
non dovea alzarlo, per non contradire
che s’abbia la giustizia ad esequire.
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— Potrai mandare un che Marfisa prieghi
(dicea) ch’in questo giudice ti faccia,
con promission ch’al ladroncel si leghi
il laccio al collo, e a lei si sodisfaccia;
e quando anco ostinata te lo nieghi,
se l’abbia, e il suo desir tutto compiaccia:
pur che da tua amicizia non si spicchi,
Brunello e gli altri ladri tutti impicchi. —
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Il re Agramante volentier s’attenne
al parer di Sobrin discreto e saggio;
e Marfisa lasciò, che non le venne,
né patí ch’altri andasse a farle oltraggio,
né di farla pregare anco sostenne:
e tolerò, Dio sa con che coraggio,
per poter acchetar liti maggiori,
e del suo campo tor tanti romori.