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decimosettimo 29


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     Colui ch’indosso il non suo cuoio aveva,
come l’asino giá quel del leone,
chiamato, se n’andò, come attendeva,
a Norandino, in loco di Grifone.
Quel re cortese incontro se gli leva,
l’abbraccia e bacia, e allato se lo pone:
né gli basta onorarlo e dargli loda,
che vuol che ’l suo valor per tutto s’oda.

113
     E fa gridarlo al suon degli oricalchi
vincitor de la giostra di quel giorno.
L’alta voce ne va per tutti i palchi,
che ’l nome indegno udir fa d’ogn’intorno.
Seco il re vuol ch’a par a par cavalchi,
quando al palazzo suo poi fa ritorno;
e di sua grazia tanto gli comparte,
che basteria, se fosse Ercole o Marte.

114
     Bello et ornato allogamento dielli
in corte, et onorar fece con lui
Orrigille anco; e nobili donzelli
mandò con essa, e cavallieri sui.
Ma tempo è ch’anco di Grifon favelli,
il qual né dal compagno né d’altrui
temendo inganno, addormentato s’era,
né mai si risvegliò fin alla sera.

115
     Poi che fu desto, e che de l’ora tarda
s’accorse, uscí di camera con fretta,
dove il falso cognato e la bugiarda
Orrigille lasciò con l’altra setta;
e quando non gli truova, e che riguarda
non v’esser l’arme né i panni, sospetta;
ma il veder poi piú sospettoso il fece
l’insegne del compagno in quella vece.