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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/361

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ventesimottavo 355


8
     Al re parve impossibil cosa udire,
che sua la palma infin allora tenne;
e d’aver conoscenza alto desire
di sí lodato giovene gli venne.
Fe’ sí con Fausto, che di far venire
quivi il fratel prometter gli convenne;
ben ch’a poterlo indur che ci venisse,
saria fatica, e la cagion gli disse:

9
     che ’l suo fratello era uom che mosso il piede
mai non avea di Roma alla sua vita,
che del ben che Fortuna gli concede,
tranquilla e senza affanni avea notrita:
la roba di che ’l padre il lasciò erede,
né mai cresciuta avea né minuita;
e che parrebbe a lui Pavia lontana
piú che non parria a un altro ire alla Tana.

10
     E la difficultá saria maggiore
a poterlo spiccar da la mogliere,
con cui legato era di tanto amore,
che non volendo lei, non può volere.
Pur per ubbidir lui che gli è signore,
disse d’andare e fare oltre il potere.
Giunse il re a’ prieghi tali offerte e doni,
che di negar non gli lasciò ragioni.

11
     Partisse, e in pochi giorni ritrovosse
dentro di Roma alle paterne case.
Quivi tanto pregò, che ’l fratel mosse
sí ch’a venire al re gli persuase;
e fece ancor (ben che diffidi fosse)
che la cognata tacita rimase,
proponendole il ben che n’usciria,
oltre ch’obligo sempre egli l’avria.