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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/45

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decimottavo 39


16
     Dei cavallieri e de la fanteria
tanta è la calca, ch’a pena vi cape.
La turba che vi vien per ogni via,
v’abbonda ad or ad or spessa come ape;
che quando, disarmata e nuda, sia
piú facile a tagliar che torsi o rape,
non la potria, legata a monte a monte,
in venti giorni spenger Rodomonte.

17
     Al pagan, che non sa come ne possa
venir a capo, omai quel gioco incresce.
Poco, per far di mille, o di piú, rossa
la terra intorno, il populo discresce.
Il fiato tuttavia piú se gl’ingrossa,
sí che comprende al fin che, se non esce
or c’ha vigore e in tutto il corpo è sano,
vorrá da tempo uscir, che sará invano.

18
     Rivolge gli occhi orribili, e pon mente
che d’ogn’intorno sta chiusa l’uscita;
ma con ruina d’infinita gente
l’aprirá tosto, e la fará espedita.
Ecco, vibrando la spada tagliente,
che vien quel empio, ove il furor lo ’nvita,
ad assalire il nuovo stuol britanno,
che vi trasse Odoardo et Arimanno.

19
     Chi ha visto in piazza rompere steccato,
a cui la folta turba ondeggi intorno,
immansueto tauro accaneggiato,
stimulato e percosso tutto ’l giorno;
che ’l popul se ne fugge ispaventato,
et egli or questo or quel leva sul corno:
pensi che tale o piú terribil fosse
il crudele African quando si mosse.