Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/239

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     Et ode come avendo giá di quella
che l’amor caccia, beuto Rinaldo,
ai lunghi prieghi d’Angelica bella
si dimostrò cosí ostinato e saldo;
e che poi giunto per sua iniqua stella
a ber ne l’altra l’amoroso caldo,
tornò ad amar, per forza di quelle acque,
lei che pur dianzi oltr’al dover gli spiacque.

37
     Da iniqua stella e fier destin fu giunto
a ber la fiamma in quel ghiacciato rivo;
perché Angelica venne quasi a un punto
a ber ne l’altro di dolcezza privo,
che d’ogni amor le lasciò il cor sí emunto,
ch’indi ebbe lui piú che le serpi a schivo:
egli amò lei, e l’amor giunse al segno
in ch’era giá di lei l’odio e lo sdegno.

38
     Del caso strano di Rinaldo a pieno
fu Malagigi dal demonio instrutto,
che gli narrò d’Angelica non meno,
ch’a un giovine african si donò in tutto;
e come poi lasciato avea il terreno
tutto d’Europa, e per l’instabil flutto
verso India sciolto avea dai liti ispani
su l’audaci galee de’ Catallani.

39
     Poi che venne il cugin per la risposta,
molto gli disuase Malagigi
di piú Angelica amar, che s’era posta
d’un vilissimo barbaro ai servigi;
et ora sí da Francia si discosta,
che mal seguir se ne potria i vestigi:
ch’era oggimai piú lá ch’a mezza strada,
per andar con Medoro in sua contrada.