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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/241

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quarantesimosecondo 235


44
     Sempre ha in memoria, e mai non se gli tolle,
ch’averla mille volte avea potuto,
e mille volte avea ostinato e folle
di sí rara beltá fatto rifiuto;
e di tanto piacer ch’aver non volle,
sí bello e sí buon tempo era perduto:
et ora eleggerebbe un giorno corto
averne solo, e rimaner poi morto.

45
     Ha sempre in mente, e mai non se ne parte,
come esser puote ch’un povero fante
abbia del cor di lei spinto da parte
merito e amor d’ogni altro primo amante.
Con tal pensier che ’l cor gli straccia e parte,
Rinaldo se ne va verso Levante;
e dritto al Reno e a Basilea si tiene,
fin che d’Ardenna alla gran selva viene.

46
     Poi che fu dentro a molte miglia andato
il paladin pel bosco aventuroso,
da ville e da castella allontanato,
ove aspro era piú il luogo e periglioso,
tutto in un tratto vide il ciel turbato,
sparito il sol tra nuvoli nascoso,
et uscir fuor d’una caverna oscura
un strano mostro in feminil figura.

47
     Mill’occhi in capo avea senza palpèbre;
non può serrarli, e non credo che dorma:
non men che gli occhi, avea l’orecchie crebre;
avea in loco de crin serpi a gran torma.
Fuor de le dïaboliche tenèbre
nel mondo uscí la spaventevol forma.
Un fiero e maggior serpe ha per la coda,
che pel petto si gira e che l’annoda.