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Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/254

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248 canto


96
     Fanno le statue in mezzo un luogo tondo,
che ’l pavimento asciutto ha di corallo,
di freddo soavissimo giocondo,
che rendea il puro e liquido cristallo,
che di fuor cade in un canal fecondo,
che ’l prato verde, azzurro, bianco e giallo
rigando, scorre per vari ruscelli,
grato alle morbide erbe e agli arbuscelli.

97
     Col cortese oste ragionando stava
il paladino a mensa; e spesso spesso,
senza piú differir, gli ricordava
che gli attenesse quanto avea promesso:
e ad or ad or mirandolo, osservava
ch’avea di grande affanno il core oppresso;
che non può star momento che non abbia
un cocente sospiro in su le labbia.

98
     Spesso la voce dal disio cacciata
viene a Rinaldo sin presso alla bocca
per domandarlo; e quivi, raffrenata
da cortese modestia, fuor non scocca.
Ora essendo la cena terminata,
ecco un donzello a chi l’ufficio tocca,
pon su la mensa un bel nappo d’or fino,
di fuor di gemme, e dentro pien di vino.

98
     Il signor de la casa allora alquanto
sorridendo, a Rinaldo levò il viso;
ma chi ben lo notava, piú di pianto
parea ch’avesse voglia che di riso.
Disse: — Ora a quel che mi ricordi tanto,
che tempo sia di sodisfar m’è aviso;
mostrarti un paragon ch’esser de’ grato
di vedere a ciascun c’ha moglie allato.