Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/342

Da Wikisource.
336 canto


32
     Amor n’è causa, che nel cor m’ha impresso
la forma tua cosí leggiadra e bella;
e posto ci ha l’ardir, l’ingegno appresso,
e la virtú di che ciascun favella;
ch’impossibil mi par, ch’ove concesso
ne sia il veder, ch’ogni donna e donzella
non ne sia accesa, e che non usi ogni arte
di sciorti dal mio amore e al suo legarte.

33
     Deh avesse Amor cosí nei pensier miei
il tuo pensier, come ci ha il viso sculto!
Io son ben certa che lo troverei
palese tal, qual io lo stimo occulto;
e che sí fuor di gelosia sarei,
ch’ad or ad or non mi farebbe insulto;
e dove a pena or è da me respinta,
rimarria morta, non che rotta e vinta.

34
     Son simile all’avar c’ha il cor sí intento
al suo tesoro, e sí ve l’ha sepolto,
che non ne può lontan viver contento,
né non sempre temer che gli sia tolto.
Ruggiero, or può, ch’io non ti veggo e sento,
in me, piú de la speme, il timor molto,
il qual ben che bugiardo e vano io creda,
non posso far di non mi dargli in preda.

35
     Ma non apparirá il lume sí tosto
agli occhi miei del tuo viso giocondo,
contra ogni mia credenza a me nascosto,
non so in qual parte, o Ruggier mio, del mondo,
come il falso timor sará deposto
da la vera speranza e messo al fondo.
Deh torna a me, Ruggier, torna, e conforta
la speme che ’l timor quasi m’ha morta!