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quarantesimoquinto 351


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     Entra nel folto bosco, ove piú spesse
l’ombrose frasche e piú intricate vede;
ma Frontin prima al tutto sciolto messe
da sé lontano, e libertá gli diede.
— O mio Frontin (gli disse), s’a me stesse
di dare a’ merti tuoi degna mercede,
avresti a quel destrier da invidiar poco,
che volò al cielo, e fra le stelle ha loco.

93
     Cillaro, so, non fu, non fu Arïone
di te miglior, né meritò piú lode;
né alcun altro destrier di cui menzione
fatta da’ Greci o da’ Latini s’ode.
Se ti fur par ne l’altre parti buone,
di questa so ch’alcun di lor non gode,
di potersi vantar ch’avuto mai
abbia il pregio e l’onor che tu avuto hai;

94
     poi ch’alla piú che mai sia stata o sia
donna gentile e valorosa e bella
sí caro stato sei, che ti nutria,
e di sua man ti ponea freno e sella.
Caro eri alla mia donna: ah perché mia
la dirò piú, se mia non è piú quella?
s’io l’ho donata ad altri? Ohimè! che cesso
di volger questa spada ora in me stesso? —

95
     Se Ruggier qui s’affligge e si tormenta,
e le fere e gli augelli a pietá muove
(ch’altri non è che questi gridi senta
né vegga il pianto che nel sen gli piove),
non dovete pensar che piú contenta
Bradamante in Parigi si ritrove,
poi che scusa non ha che la difenda,
o piú l’indugi, che Leon non prenda.