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388 canto


120
     Egli avea un’altra assai buona armatura,
non come era la prima giá perfetta:
ma né questa né quella né piú dura
a Balisarda si sarebbe retta;
a cui non osta incanto né fatura,
né finezza d’acciar né tempra eletta.
Ruggier di qua di lá sí ben lavora,
ch’al pagan l’arme in piú d’un loco fora.

121
     Quando si vide in tante parti rosse
il pagan l’arme, e non poter schivare
che la piú parte di quelle percosse
non gli andasse la carne a ritrovare;
a maggior rabbia, a piú furor si mosse,
ch’a mezzo il verno il tempestoso mare:
getta lo scudo, e a tutto suo potere
su l’elmo di Ruggiero a due man fere.

122
     Con quella estrema forza che percuote
la machina ch’in Po sta su due navi,
e levata con uomini e con ruote
cader si lascia su le aguzze travi;
fere il pagan Ruggier, quanto piú puote,
con ambe man sopra ogni peso gravi:
giova l’elmo incantato; che senza esso,
lui col cavallo avria in un colpo fesso.

123
     Ruggiero andò due volte a capo chino,
e per cadere e braccia e gambe aperse.
Raddoppia il fiero colpo il Saracino,
che quel non abbia tempo a riaverse:
poi vien col terzo ancor; ma il brando fino
sí lungo martellar piú non sofferse;
che volò in pezzi, et al crudel pagano
disarmata lasciò di sé la mano.