Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/85

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CANTO TRENTESIMOSESTO


1
     Convien ch’ovunque sia, sempre cortese
sia un cor gentil, ch’esser non può altrimente;
che per natura e per abito prese
quel che di mutar poi non è possente.
Convien ch’ovunque sia, sempre palese
un cor villan si mostri similmente.
Natura inchina al male, e viene a farsi
l’abito poi difficile a mutarsi.

2
     Di cortesia, di gentilezza esempii
fra gli antiqui guerrier si vider molti,
e pochi fra i moderni; ma degli empii
costumi avvien ch’assai ne vegga e ascolti
in quella guerra, Ippolito, che i tempii
di segni ornaste agli nimici tolti,
e che traeste lor galee captive
di preda carche alle paterne rive.

3
     Tutti gli atti crudeli et inumani
ch’usasse mai Tartaro o Turco o Moro,
(non giá con volontá de’ Veneziani,
che sempre esempio di giustizia fôro),
usaron l’empie e scelerate mani
di rei soldati, mercenarii loro.
Io non dico or di tanti accesi fuochi
ch’arson le ville e i nostri ameni lochi: