Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/86

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80 canto


4
     ben che fu quella ancor brutta vendetta,
massimamente contra voi, ch’appresso
Cesare essendo, mentre Padua stretta
era d’assedio, ben sapea che spesso
per voi piú d’una fiamma fu interdetta,
e spento il fuoco ancor, poi che fu messo,
da villaggi e da templi, come piacque
all’alta cortesia che con voi nacque.

5
     Io non parlo di questo né di tanti
altri lor discortesi e crudeli atti;
ma sol di quel che trar dai sassi i pianti
debbe poter, qual volta se ne tratti:
quel dí, Signor, che la famiglia inanti
vostra mandaste lá dove ritratti
dai legni lor con importuni auspici
s’erano in luogo forte gl’inimici.

6
     Qual Ettorre et Enea sin dentro ai flutti,
per abbruciar le navi greche, andaro;
un Ercol vidi e un Alesandro, indutti
da troppo ardir, partirsi a paro a paro,
e spronando i destrier, passarci tutti,
e i nemici turbar fin nel riparo,
e gir sí inanzi, ch’al secondo molto
aspro fu il ritornare, e al primo tolto.

7
     Salvossi il Ferruffin, restò il Cantelmo.
Che cor, duca di Sora, che consiglio
fu allora il tuo, che trar vedesti l’elmo
fra mille spade al generoso figlio,
e menar preso a nave, e sopra un schelmo
troncargli il capo? Ben mi maraviglio
che darti morte lo spettacol solo
non poté, quanto il ferro a tuo figliuolo.