Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/240

Da Wikisource.
234 canto


40
     La partita d’Angelica non molto
sarebbe grave all’animoso amante;
né pur gli avria turbato il sonno, o tolto
il pensier di tornarsene in Levante:
ma sentendo ch’avea del suo amor colto
un Saracino le primizie inante,
tal passïone e tal cordoglio sente,
che non fu in vita sua, mai, piú dolente.

41
     Non ha poter d’una risposta sola;
triema il cor dentro, e trieman fuor le labbia;
non può la lingua disnodar parola;
la bocca ha amara, e par che tòsco v’abbia.
Da Malagigi subito s’invola;
e come il caccia la gelosa rabbia,
dopo gran pianto e gran ramaricarsi,
verso Levante fa pensier tornarsi.

42
     Chiede licenzia al figlio di Pipino:
e trova scusa che ’l destrier Baiardo,
che ne mena Gradasso saracino
contra il dover di cavallier gagliardo,
lo muove per suo onore a quel camino,
acciò che vieti al Serican bugiardo
di mai vantarsi che con spada o lancia
l’abbia levato a un paladin di Francia.

43
     Lasciollo andar con sua licenzia Carlo,
ben che ne fu con tutta Francia mesto;
ma finalmente non seppe negarlo,
tanto gli parve il desiderio onesto.
Vuol Dudon, vuol Guidone accompagnarlo;
ma lo niega Rinaldo a quello e a questo.
Lascia Parigi, e se ne va via solo,
pien di sospiri e d’amoroso duolo.