Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. III, 1928 – BEIC 1739118.djvu/42

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36 canto


8
     Sí poco, e quasi nulla era di luce
in quella affumicata e nera strada,
che non comprende e non discerne il duce
chi questo sia che sí per l’aria vada;
e per notizia averne si conduce
a dargli uno o duo colpi de la spada.
Stima poi ch’uno spirto esser quel debbia;
che gli par di ferir sopra la nebbia.

9
     Allor sentí parlar con voce mesta:
— Deh, senza fare altrui danno, giú cala!
Pur troppo il negro fumo mi molesta,
che dal fuoco infernal qui tutto esala. —
Il duca stupefatto allor s’arresta,
e dice all’ombra: — Se Dio tronchi ogni ala
al fumo, sí ch’a te piú non ascenda,
non ti dispiaccia che ’l tuo stato intenda.

10
     E se vuoi che di te porti novella
nel mondo su, per satisfarti sono. —
L’ombra rispose: — Alla luce alma e bella
tornar per fama ancor sí mi par buono,
che le parole è forza che mi svella
il gran desir c’ho d’aver poi tal dono,
e che ’l mio nome e l’esser mio ti dica,
ben che ’l parlar mi sia noia e fatica. —

11
     E cominciò: — Signor, Lidia sono io,
del re di Lidia in grande altezza nata,
qui dal giudicio altissimo di Dio
al fumo eternamente condannata,
per esser stata al fido amante mio,
mentre io vissi, spiacevole et ingrata.
D’altre infinite è questa grotta piena,
poste per simil fallo in simil pena.