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294 sonetti.

Sonetto IV.


     Non senza causa il giglio e l’amaranto,
L’uno di fede e l’altro fior d’amore,
Del bel leggiadro lor vago colore,
4Vergine illustre, v’orna il sacro manto.1
     Candido e puro l’un mostra altrettanto
In voi candore e purità di côre:
All’animo sublime l’altro fiore
8Di costanza real dà il pregio e il vanto.
     Com’egli al sole e al verno, fuor d’usanza
D’ogni altro germe, ancorchè forza il sciolga
11Dal natío umor, sempre vermiglio resta;
     Così vostr’alta intenzïone onesta,
Perchè Fortuna la sua rôta volga
14Come a lei par, non può mutar sembianza.


Sonetto V.


     Nel mio pensier, che così veggio audace,
Timor, freddo com’angue, il cor m’assale:
Di lino e cera egli s’ha fatto l’ale,
4Disposte a liquefarsi ad ogni face.
     E quelle, del disir fatto seguace,
Spiega per l’aria, e temerario sale:
E duolmi che a ragion poco ne cale,
8Che devría ostargli, e sel comporta e tace.
     Per gran vaghezza d’un celeste lume
Temo non poggi sì, che arrivi in loco
11Dove si accenda e torni senza piume.
     Saranno, oimè! le mie lagrime poco
Per soccorrergli poi, quando nè fiume
14Nè tutto il mar potrà smorzar quel fôco.


  1. Così nelle copie possedute dal Barotti, il quale però lesse con la comune: il vostro manto. Il Rolli e il Pezzana correggevano: «ornano il vostro manto.»