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436 la scolastica.

Non mi voler tormentar; chè credibile
Non è che stato tu fussi tant’asino,
Che senza farle motto in qua venutone
Fussi; nè t’avrebbe ella, senza scrivermi,
Lasciato mai così venire.
Accursio.                                          Fecile
Motto pur troppo, e pur senza sue lettere
Io son venuto.
Eurialo.                         Oimè! com’è possibile?
Io vô ben dir... Ma tu pur ridi?
Accursio.                                                    Or ridere
Non posso e non aver però sue lettere?
Ma s’io avessi di lei meglio che lettere?
Eurialo.E che sarà?1
Accursio.                       Ve lo dirò; ma ditemi
Voi quando il vecchio sia per gire a Napoli.
Eurialo.Si parte or ora per andarvi, ed essere
Non può lontano ancora un miglio.
Accursio.                                                          Ditemi
Il ver?
Eurialo.            Io ’l dico: s’è partito.
Accursio.                                                Díagli
Dio buon viaggio. Ora, messer Eurialo,
Potete dir che siate felicissimo
Per la sua andata.
Eurialo.                              E come?
Accursio.                                             Era pericolo,
Se non si partiva oggi, ch’ove gaudio
V’arò portato, portata molestia
V’avessi e briga.
Eurialo.                              C’hai portato?
Accursio.                                                      Volsivi2
Dir ch’avéa condotto, chè gravatomi
Troppo arebbon le spalle.
Eurialo.                                             Orsù, espediscimi.
Accursio.S’io vi dicessi che venuta Ippolita
Fusse in Ferrara,3 vi parría miracolo?


  1. Nell’autografo e in molte stampe manca sarà, che però leggevasi nella copia di Gabriele Ariosto. Nell’edizione di Londra del 1737 fu supplito, come sembra, d’arbitrio: Che mai.
  2. G. A.: L’autografo: «Volsevi.»
  3. G. A.: «Fosse a Ferrara.»