Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/106

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 [48]
E ſeguitando, del modo narrolle
     Che diſegnato hauea d’adoperarlo,
     Per trar del regno effeminato e molle
     Il caro amate, e in Fratria rimenarlo,
     Bradamante l’annel del dito tolle,
     Ne ſolamente hauria voluto darlo:
     Ma dato il core, e dato hauria la vita
     Pur che n’ hauelTe il ſuo Ruggiero aita,

 [49]
Le da l’annello, e ſé le raccomanda,
     E piú le raccomanda il ſuo Ruggiero,
     A cui per lei mille ſaluti manda.
     Poi preſe ver prouenza altro ſentiero,
     Ando l’incantatrice a vn’ altra banda
     E per porre in effetto il ſuo penderò
     Vn palaſren fece apparir la ſera,
     C haueavn pie roſſo eogn’ altra pte nera

 [50]
Credo ſuſſe vn’Alchino: o vn Farfarello
     Che da l’inferno in quella ſorma traſſe,
     E ſcinta e ſcalza monto fopra a quello,
     A chiome ſciolte, e horribilméte paſſe,
     Ma ben di dito ſi leuo Pannello,
     Perche gl’incanti ſuoi non le vietane,
     Poi con tal fretta andò, che la matina
     Si ritrouo ne l’iſola d’ Alcina.

 [52]
Di faccia, di parole, e di ſembiante:
     Si lo ſeppe imitar: che totalmente
     Potea parer l’incantatore Athlante:
     Poi ſi naſcofe, e tanto poſe mente,
     Che da Ruggiero allontanar l’Amante,
     Alcina vide vn giorno ſinalmente,
     E ſu gran ſorte: che di ſtare o d’ire
     Senza eſſo vn’hora potea mal patire.

 [53]
Soletto lo trouo come lo volle,
     Che ſi godea il matin freſco e ſereno
     Lúgovn bel rio, ch diſcorrea d’ un colle
     Verſo vn laghetto limpido & ameno,
     Il ſuo veſtir, delitioſo e molle
     Tutto era d’ otio e di laſciuia pieno,
     Che de ſua ma gli hauea di ſeta, e d’ oro
     Teffuto Alcina con ſottil lauoro.

 [54]
Di ricche geme, vn ſplendido monile
     Gli diſcendea dal collo in mezo il petto
     E ne l’uno e ne P altro giá virile
     Braccio, giraua vn lucido cerchietto,
     Gli hauea ſorato vn ſil d’ oro ſottile
     Ambe l’orecchie: I ſorma d’ annelletto,
     E due gran perle pendeuano quindi,
     Qua mai no hebbo gli Arabi ne gl’Indi

 [55]
Quiui mirabilmente trasmutoſſe,
     S’accrebbe piú d’un palmo di ſtatura,
     E ſé le membra a proportion piú groſſe,
     E reſto apunto di quella miſura
     Che ſi penſo che ’l Negromante foſſe,
     Quel che nutri Ruggier co ſi grá cura,
     Veſti di lunga barba le maſcelle
     E ſé creſpa la ſronte e l’altra pelle.

 [56]
Humide hauea l’innanellate chiome
     De piú ſuaui odor che ſieno in prezzo,
     Tutto ne geſti era amoroſo, come
     Foſſe in Valèza a ſeruir donne auezzo,
     Non era in lui di ſano altro che ’l nome
     Corrotto tutto il reſto: e piú che mezzo
     Coſi Ruggier ſu ritrouato: tanto
     Da V eſſer ſuo mutato per incanto.