Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/114

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 [31]
Quella rara bellezza il cor gli acceſe
     E gli ſcaldo le ſrigide medolle:
     Ma poi che vide che poco gli atteſe:
     E ch’oltra ſoggiornar ſeco non volle,
     Di cento punte l’aſinello oſſeſe:
     Ne di ſua tarditá perho lo tolle:
     E poco va di paſſo, e men di trotto,
     Ne ('tender gli ſi vuol la beſtia ſotte

 [32]
E perche molto dilungata s’era,
     E poco piú n’hauria perduta l’orma,
     Ricorſe il ſrate alla ſpelonca nera
     E di demoni vſcir fece vna torma,
     E ne ſceglie vno di tutta la ſchiera:
     E del biſogno ſuo prima l’informa,
     Poi lo fa entrare adoſſo al corridore:
     Che via gli porta con la donna il core.

 [33]
E qual ſagace can nel monte vſato
     A volpi, o lepri dar ſpeffo la caccia:
     Che ſé la ſera andar vede da vn lato
     Ne va da vn’ altro, e par ſpzzi la traccia,
     Al varco poi lo ſenteno arriuato
     Ch l’ha giá i bocca, e l’ap il ſiaco e ſtraccia
     Tal l’Eremita per diuerſa ſtrada
     Aggiugnera la dona, ouunque vada.

 [34]
Che ſia il diſegno ſuo, ben io coprendo
     E dirollo ancho a voi, ma in altro loco,
     Angelica di ciò nulla temendo
     Caualcaua a giornate, hor molto hor poco
     Nel cauallo il Demo ſi giá coprédo
     Come ſi cuopre alcuna volta il fuoco:
     Che co ſi graue incèdio poſcia auampa
     Che nò ſi eſtingue: e a pena ſé ne ſcapa.

 [35]
Poi che la dona preſo hebbe il ſentiero
     Dietro il gran mar che li Guaſconi laua
     Tenédo appſſo all’onde il ſuo deſtriero,
     Doue l’humor la via piú ferma daua,
     Quel le ſu tratto dal demonio fiero
     Ne lacqua ſi che dentro vi nuotami,
     Non fa che far la timida donzella
     Se non tenerſi ferma in ſu la fella.

 [36]
Per tirar briglia, non gli può dar volta:
     Piú e piú ſempre quel ſi caccia in alto,
     Ella tenea la veſta in ſu raccolta,
     Per no bagnarla: e trahea i piedi in alto,
     Per le ſpalle la chioma iua diſciolta
     E l’aura le facea laſciuo aſſalto,
     Stauano cheti tutti i maggior venti
     Forſè a tanta beltá, col mare attenti.

 [37]
Ella volgea i begliocchi a terra in vano
     Che bagnauá di piato il viſo, e ’l ſeno,
     E vedea il lito andar ſempre lontano
     E decreſcer piú ſempre e venir meno,
     Il deſtrier che nuotaua a deſtra mano:
     Dopo vn gran giro: la porto al terreno,
     Tra ſcuri faſſi, e ſpauentoſe grotte
     Giá cominciando ad ofeurar la notte.

 [38]
Quando ſi vide ſola in quel deſerto
     Che a riguardarlo ſol mettea paura,
     Ne l’hora che nel mar Phebo coperto
     l’aria e la terra hauea laſciata oſcura:
     Fermoſſi in atto e’ hauria fatto incerto
     Chiunque haueſſe viſta ſua ſigura:
     S’ ella era donna fenfitiua e vera:
     O ſaſſo colorito in tal maniera.