Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/13

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prefazione xi

cendo impossibile che sei cavalieri, il fior del mondo, v’avessero combattuto:

          Qui de la aistoria mia che non sia vera
          Federico Fulgoso è in dubbio alquanto.

Ma risponde che a quel tempo era nel mezzo dell’isola una piazza, che poi una rupe caduta per terremoto aveva del tutto ricoperta.

E conclude in tono di scherzo che il chiaro fulgor della, fulgosa stirpe ripari al suo fallo:

          Vi prego che non siate a dirgli tardo
          Ch’esser può che né in questo io sia bugiardo1.

Il suono tuttavia delle censure era ben lieve rispetto al plauso che del poema gli veniva d’ogni parte; e il poeta grande e modesto comprese qualche volta tutta l’eccellenza dell’opera sua, come quando, forse accennando a sé, afferma che l’etā d’Ippolito d’Este avrā un nuovo Virgilio:

          .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  vuol il ciel iusto
          Ch’abbia un Maron come un altro ebbe Augusto2.

Ma conferire all’opera la schietta italianitā della lingua e purificare le stanze dalle forme del suo dialetto lombardo era stato disegno costante fin dalle prime prove dell’artista squisito; e come riuscisse all’acquisto della lingua toscana si fa noto dalla comparazione diligente tra la prima e l’ultima edizione, ove il progresso è chiaramente visibile.

Fin dal 15 13 Ludovico, dopo aver conosciuto nella corte ferrarese Niccolò Vespucci, l’aveva seguito in Firenze, ove dimorando nella casa di lui aveva atteso con ogni cura allo studio della lingua, lavorando attorno ai versi fino a tarda notte e giovandosi all’uopo d’un suo servo toscano, Giovanni da Pescia, cui dettava i suoi scritti per mostrarli poi la mattina seguente al Vespucci3. Poco appresso

  1. Orlando Furioso di L. Ariosto, XLII, 20-22.
  2. Orlando Furioso dí L. Ariosto, III, 56, 7-S.
  3. (3) S. Fornari, La vita di L. Ariosto, ed. citata. Di Giovanni o Gianni è cenno nella Sat. Ili, 14.