Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/149

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 [8]
Ingrata damigella, e queſto quello
     Guiderdone (dicea) che tu mi rendi ?
     Che piú torto inuolar vogli l’annello
     C’hauerlo i don, pche da me noi prèdi?
     Nò pur ql, ma lo ſcudo e il deſtrier (hello
     E me ti dono, e come vuoi mi ſpèdi,
     Sol che ’l bel viſo tuo non mi naſcondi,
     Io ſo crudel che m’odi e non riſpondi,

 [9]
Coſi dicendo intorno alla ſontana
     Brancolando n’ andaua come cieco,
     O quante volte abbraccio l’aria vana
     Sperádo la donzella abbracciar ſeco,
     Quella che s’ era giá fatta lontana
     Mai no ceffo d’adar ch giuſe a vn ſpeco
     Che ſotto vn monte era capace e grade,
     Doue al biſogno ſuo trouo viuande,

 [10]
Quiui vn vecchio paſtor, ch di caualle
     Vn grade arméto hauea, facea ſoggiorno
     Le iumente paſcean giú per la valle,
     Le tenere herbe, a i freſchi riui intorno.
     Di qua di la da l’antro erano Italie:
     Doue ſuggiano il Sol del mezo giorno,
     Angelica quel di: lunga dimora
     La détro fece, e non ſu viſta anchora.

 [11]
E circa il veſpro poi che rifreſcoſſi:
     E le ſu auiſo eſſer poſata assai:
     In certi drappi rozi auiluppoſſi,
     Diſſimil troppo a i portamenti gai
     Che verdi, gialli, perſi, azurri, e roſſi
     Hebbe, e di quante ſoggie ſuron mai,
     Nò le può tor perho tato burnii gonna:
     Che bella non raffembri, e nobil Dona.

 [12]
Taccia chi loda Phyllide o Neera
     O Amarylli, o Galatea ſugace,
     Che d’ eſſe alcuna ſi bella non era
     Tityro e Melibeo con voſtra pace,
     La bella Donna trar ſuor de la ſchiera
     De le iumente, vna che piú le piace:
     Allhora allhora ſé le fece inante
     Vn penſier di tornarſene in Leuante.

 [13]
Ruggiero i tato, poi e’ hebbe gra pezzo
     Indarno atteſo s’ ella ſi ſcopriua:
     E che s’ auide del ſuo error da ſezzo:
     Che non era vicina, e non l’udiua
     Doue laſciato hauea il cauallo auezzo
     In cielo e in terra, a rimontar veniua,
     E ritrouo che s’ hauea tratto il morſo:
     E ſalia in aria a piú libero corſo.

 [14]
Fu graue e mala aggiunta all’altro dano
     Vcderſi ancho reſtar ſenza l’augello,
     Queſto non men che ’l feminile ingano
     (ili preme al cor, ma piú che qſto e qllo
     Gli preme e fa ſentir noioſo affanno
     l’hauer perduto il pretioſo annello,
     Ter le virtú non tanto ch’in lui ſono
     Quanto che ſu de la ſua Donna dono.

 [15]
Oltre modo dolente ſi ripoſe:
     Indoſſo l’arme, e lo ſcudo alle ſpalle
     Dal mar ſlugoſſi e p le piaggie herboſe
     Preſe il camiti verſo vna larga valle,
     Doue per mezo all’alte ſelue ombroſe
     Vide il piú largo, e’l piú ſegnato calle:
     Non molto va, ch’a deſtra oue piú ſolta
     E quella ſelua, vn gran ſtrepito aſcolta.