Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/158

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 [80]
Olympia Oberto ſi piglio per moglie,
     E di Conteſſa la ſé gran Regina:
     Ma ritorniamo al Paladin che ſcioglie
     Nel mar le vele, e notte e di camina:
     Poi nel medeſmo porto le raccoglie
     Donde pria le ſpiego ne la marina:
     E fu’l ſuo Brigliadoro armato falſe
     E laſcio dietro i venti e l’onde falſe.

 [81]
Credo che’l reſto di quel verno coſe
     Faceſſe degne di tenerne conto,
     Ma fur fin’a quel tempo ſi naſcofe
     Che non e colpa mia s’hor non le conto,
     Perche Orlando a far l’opre virtuoſe
     Piū ch a narrarle poi: ſempre era proto:
     Ne mai ſu alcun de li ſuoi fatti eſpreffo,
     Se no quādo hebbe i teſtimonii appſſo.

 [82]
Paſſo il reſto del verno coſi cheto
     Che di lui non ſi ſeppe coſa vera:
     Ma poi che’l Sol nel’animai diſcreto,
     Che porto Phrifo illumino la Sphera:
     E Zephiro torno ſoaue e lieto
     A rimenar la dolce primauera:
     D’Orlando vſciron le mirabil pruoue
     Co i vaghi fiori, e con l’herbette nuoue.

 [83]
Di piano in monte e di campagna in lido
     Pien di trauaglio e di dolor ne giā:
     Qn all’entrar d’un boſco un lugo grido
     Vn’alto duol l’orecchie gli feria:
     Spinge il cauallo, e piglia il brado ſido
     E dondeviene il ſuon ratto s’inuia
     Ma diferiſco vn’altra volta a dire
     Quel che ſegui ſé mi vorrete vdire.


CANTO DVODECIMO



 [1]

C
Erere poi che da la madre idea

     Tornado i fretta alla ſolinga valle
     La doue calca la montagna Ethnea
     Al ſulminato Encelado le ſpalle:
     La ſiglia non trouo doue l’hauea
     Laſciata ſuor d’ogni ſegnato calle:
     Fatto e’ hebbe alle guade al petto a i crini
     E a gliocchi dano, al ſin ſuelſe duo pini.

 [2]
E nel fuoco gli acceſe di Vulcano
     E die lor non potere eſſer mai ſpenti,
     E portandoli qſti vno per mano
     Sul carro che tirauan dui Serpenti
     Cerco le ſelue, i capi, il monte, il piano
     Le valli, i ſiumi, li ſtagni, i torrenti
     La terra, e’l mare, e poi ch tutto il modo
     Cerco di fopra, andò al tartareo fondo.

 [3]
S’in poter foſſe ſtato Orlando pare
     All’Eleufina Dea come in diſio:
     Non hauria per Angelica cercare
     Laſciato, o ſelua, o capo, o ſtagno, o rio,
     O valle, o mòte, o piano, o terra, o mare:
     Il Cielo, e’l fondo del eterno oblio,
     Ma poi che’l carro e i draghi no hauea,
     La giā cercando al meglio che potea.