Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/270

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 [51]
Veduto ſiammeggiar la bella face
     S’ inginocchiare tutti i nauiganti,
     E domandare il mar tranquillo, e pace,
     Co numidi occhi, e con voci tremanti:
     La tempeſta crudel che pertinace
     Fu fin’ allhora, non andò piú inaliti:
     Maeſtro e trauerfia piú non moleſta
     E ſol del mar Tyran Libecchio reſta.

 [52]
Queſto reſta fu’l mar tato poſſente
     E da la negra bocca in modo eſhala
     Et e con lui ſi il rapido torrente
     Del agitato mar ch’in fretta cala
     Che porta il legno piú velocemente
     Che pelegrin Falcon mai faceſſe ala,
     Co timor del nocchier, ch’ai ſin di mòdo
     No lo traſporti, o rópa, o cacci al fondo.

 [53]
Rimedio a qſto il buò nocchier ritruoua
     Che comanda gittar per poppa ſpere:
     E caluma la gòmona, e fa pruoua
     Di duo terzi del corſo ritenere,
     Queſto coſiglio, e piú l’augurio gioua
     Di chi hauea acceſo in pda le lumiere
     Queſto legno ſaluo che peria ſorſè
     E ſé ch’in alto mar ſicuro corſe.

 [54]
Nel golſo di Laiazzo in ver Soria
     Sopra vna gran citta ſi trouo ſorto,
     E ſi vicino al lito che ſcopria
     L’uno e l’altro caſtel che ferra il porto,
     Come il padron s’ accorſe de la via
     Che fatto hauea, ritorno in viſo ſmorto,
     Che ne Porto pigliar quiui volea,
     Ne ſtare in alto, ne ſuggir potea.

 [55]
Ne potea ſtare in alto ne ſuggire,
     Che gliarbori e l’antenne hauea perdute
     Eran tauole e traui, pel ferire
     Del mar, ſdrucite macere e sbattute,
     E’l pigliar porto era vn voler morire:
     O perpetuo legarſi in ſeruitute,
     Che riman ſerua ogni perſona o morta,
     Che quiui errore, o ria fortuna porta:

 [56]
E’l ſtare in dubbio era con gra periglio
     Che non ſaliſſer genti de la terra:
     Co legni armati, e al ſuo deffon di piglio
     Mal’atto a ſtar fu’l mar no ch’a far guerra
     Mètre il padron nò fa pigliar 9figlio
     Fu domandato da quel d’ Ingilterra
     Chi gli tenea ſi l’animo fuſpefo
     E perche giá non hauea il porto preſo.

 [57]
Il padron narro lui, che quella riua
     Tutta, tenean le femine homicide,
     Di quai l’atiqua legge, ognu ch’arriua
     In perpetuo tien ſeruo, o che l’uccide,
     E queſta ſorte ſolamente ſchiua
     Chi nel capo dieci huomini conquide,
     E poi la notte può affaggiar nel letto
     Diece Donzelle con carnai diletto,

 [58]
E ſé la prima pruoua gli vien fatta
     E non ſorniſca la feconda poi:
     Egli vien morto, e chi e co lui ſi tratta
     Da zappatore, o da guardian di buoi,
     Se di far l’uno e l’altro e perſona atta
     Impetra libertade a tutti i ſuoi,
     A ſé non giá, ch’a da reſtar marito
     Di diece dóne, elette a ſuo appetito.