Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/274

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 [83]
E diede d’ urto a chi venia fecondo
     Et a chi terzo ſi terribil botta,
     Che rotto ne la ſchena vſcir del mondo
     Fé l’uno e l’altro e de la fella a vn’hotta,
     Si duro ſu P incontro, e di tal pondo
     Si ſtretta inſieme ne venia la ſrotta,
     Ho veduto bombarde a quella guiſa
     Le sqdre aprir ch ſé lo ſtuol Marphiſa.

 [84]
Sopra di lei piú lance rotte ſuro,
     Ma tanto a qlli colpi ella ſi moſſe
     Quato nel giuoco de le caccie, vn muro
     Si muoua a colpi de le palle groſſe,
     l’uſbergo ſuo di tempra era ſi duro
     Che non gli potean contra le percoſſe,
     E per incanto, al fuoco del’inſerno
     Cotto: e temprato all’acqj ſu d’Auerno.

 [85]
Al ſin del capo il deſtrier tenne e volſe,
     E fermo alquato, e in fretta poi lo ſpinfe
     Incótra glialtri, e ſbarragliolli, e ſciolſe
     E di lor ſangue infin’ all’elſa tinſe:
     All’uno il capo all’altro il braccio tolſe:
     E vn’ altro in guiſa con la ſpada cinſe
     Che’l petto 1 terra andò col capo & abe
     Le braccia, e ! fella il vètre era e le gábe

 [86]
Lo parti dico, per dritta miſura
     De le coſte e de l’anche alle confine,
     E lo ſé rimaner meza ſigura
     Qual dinazi all’imagini diuine
     Poſto d’argento, e piú di cera pura
     Son da genti lontane e da vicine,
     Ch’ a ringratiarle e ſciorre il voto vano
     De le domande pie ch’ottenute hanno.

 [87]
Ad vno che ſuggia dietro ſi miſe
     Ne ſu a mezo la piazza che lo giunſe,
     E’l capo e’l collo in modo gli diuiſe
     Che medico mai piú non lo raggiunſe,
     In ſomma tutti vn dopo l’altro vcciſe
     O feri ſi, ch’ogni vigor n’ emunſe,
     E ſu ſicura, che leuar di terra
     Mai piú no ſi potrian, per farle guerra.

 [88]
Stato era il cauallier ſempre in vn canto
     Che la decina in piazza hauea 9dutta:
     Perho che contra vn ſolo, andar co tato
     Vátaggio, opra gli parue iniqua e brutta
     Hor che per vna man torſi da canto
     Vide ſi toſto la compagna tutta:
     Per dimoſtrar che la tardanza foſſe
     Cortefia ſtata e non timor, ſi moſſe.

 [89]
Con man ſé ceno di volere inanti
     Che faceſſe altro, alcuna coſa dire,
     E non penſando in ſi viril ſembianti
     Che s’ haueſſe vna vergine a coprire,
     Le diſſe Caualliero, homai di tanti
     Eſſer dei ſtanco, e’ hai fatto morire
     E s’ io voleſſi piú di quel che fei:
     Stancarti anchor: diſcorteſia farei.

 [90]
Che ti ripoſi inſino al giorno nuouo
     E doman torni in campo ti concedo,
     Nò mi ſia honor ſé teco hoggi mi pruouo
     Che trauagliato e laſſo eſſer ti credo,
     Il trauagliare in arme non m’e nuouo
     Ne per ſi poco, alla fatica cedo
     (Diſſe Marphiſa) e ſpero ch’a tuo coſto
     Io -ti faro di qſto aueder toſto.