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Doue l’hauea veduta domandolle
Zerbino, e quando, ma nulla n’inuola,
Che la vecchia oſtinata piū non volle
A quel e’ ha detto aggiūgere parola,
Prima Zerbin le fece vn parlar molle
Poi minacciolle di tagliar la gola,
Ma tutto e i van ciò che minaccia e pga:
Che non può far parlar la brutta ſtrega.
[143]
Laſcio la lingua all’ultimo in ripoſo
Zerbin, poi che’l parlar gli gioito poco:
Per quel ch’udito hauea, tanto geloſo
Che non trouaua il cor nel petto loco:
D’Isabella trouar ſi diſioſo
Che faria per vederla ito nel fuoco,
Ma non poteua andar piū che voleſſe
Colei, poi ch’a Marphiſa lo promeſſe.
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E quindi per ſolingo e ſtrano calle
Doue a lei piacqj ſu Zerbin condotto,
Ne per o poggiar mote o ſcender valle,
Mai ſi guardaro in faccia, o ſi ſer motto,
Ma poi ch’ai mezo di volſe le ſpalle
Il vago Sol, ſu il lor ſilentio rotto
Da un cauallier che nel camin ſcontraro
Outl che ſegui, ne l’altro cāto e chiaro
CANTO XXI
[1]
Soma coſi, ne coſi legno chiodo
Cóe la ſé ch’una bella alma cinga
IVI ſuo tenace indiſſolubil nodo,
Ne da gli antiqui par che ſi dipinga
La ſanta ſé veſtita in altro modo
Che d’un vel biaco che la cuopra tutta:
Ch’u ſol pūto, 11 ſol neo la può far brutta
[2]
La fede vnqua non debbe eſſer corrotta
data a vn ſolo, o data inſieme a mille,
E coſi in vna ſelua, in vna grotti:
1 .untati da le cittadi, e da le ville,
Come dinazi a tribunali: in ſrotta
Di teſtimon, di ſcritti, e di poſtille,
Sniza giurare, o ſegno altro piū eſpreffo
Baiti vna volta che s’habbia promeſſo.
[3]
Quella ſeruo come ſeruar ſi debbe
In ogni impreſa il cauallier Zerbino:
E i|iiiui dimoſtro che conto n’hebbe
Quando ſi tolſe dal proprio camino
Per andar con coſtei: laqual gl’increbbe
Come s’haueſſe il morbo ſi vicino,
O pur la morte iſteffa, ma potea
Piū che’l dillo quel che pmeſſo hauea.